i ricordi della nonna Regina
La nonna Regina, la mia nonna materna, è nata nel 1928 ed era la ottava di 10 fratelli (di cui otto maschi e due femmine, l'unica sorella, la zia Rosa, era più grande di 9 anni), una famiglia ricca solo di bambini, dove l'unico a lavorare era il papà. Alla fine della guerra aveva 17 anni.
Spesso dice che il Duce aveva fatto delle cose buone per le famiglie numerose e meno abbienti, come gli assegni famigliari, la riduzione e agevolazione per certe tasse, un bel quadretto con tante belle crocette di legno perché la sua mamma aveva dato alla patria tanti bei maschietti.
Quando la nonna diceva così il nonno Luigi, suo marito, borbottava sempre e gli ricordava che gli aveva mandato in guerra 4 fratelli invece di lasciarli a casa a lavorare i campi e ad aiutare i genitori a crescere gli altri fratelli.
Diceva anche che la sua famiglia era stata molto fortunata, ché nonostante tutto erano tornati a casa tutti sani e salvi. Allora la nonna ricordava anche qualcos'altro, come si erano dovuti privare dei pochi oggetti di valore che possedevano: le pentole di rame che avevano dovuto consegnare per il bene della patria, tra i pochi oggetti di valore che avevano, la mia bisnonna dovette privarsi anche della sua fede nuziale (servivano a costruire o a pagare la costruzione di materiale bellico).
Ricordava tra le altre cose che per andare a comprate il cibo, come zucchero, sale ed altro… dovevano usare la tessera; mi diceva "ci davano un chilo di sale, zucchero… per ogni membro della famiglia. Non se ne poteva comprare quanto se ne voleva, così a noi ne spettava parecchio rispetto agli altri, perché eravamo in tanti e pure piccini". Allora la mia bisnonna barattava i chili in più con altri alimenti tipo patate, farina, latte... ma nonostante questo il cibo non era mai abbastanza per tutti.
La nonna ricorda che alla mattina la sua mamma preparava la colazione con riso e latte (più acqua che latte) perché il latte non bastava per tutti, la carne (in realtà si trattava solo di frattaglie) solo la domenica.
Andavano nei boschi a cercare lumache e rane, di gatti non ce n'erano più.
Spesso la nonna riusciva a barattare con una bambina più ricca la sua tazzina di riso e latte (annacquato) con una tazzina di latte puro. Oggi la nonna odia il "riso e latte".
I bambini più grandicelli andavano da chi stava meglio di loro (piccoli borghesi "fascistoni" come li chiama lei) per fare qualche lavoretto e portare a casa qualcosa da mangiare. Per esempio andavano a pulire i pollai e in cambio ricevevano i fondi già usati del caffè che la mia bisnonna usava per fare il loro misero caffè; durante la pulizia qualche uovo grazie a Dio spariva da quei ricchi pollai, uova che venivano mangiate subito e non portate a casa, altrimenti la mia bisnonna si sarebbe arrabbiata perché non voleva che i suoi ragazzi rubassero o mancassero di rispetto a qualcuno.
Ricorda anche lei che a volte la gente spariva, caricata sulle camionette, non sapevano esattamente dove li portavano, si sapeva solo che non tornavano più.
Una volta, durante una retata, presero lo zio Antonio, il più grande di quelli che non erano partiti per la guerra, ma la mia bisnonna andò al quartier generale dei fascisti che avevano mio zio e li pregò e li supplicò per ore finché questi, stufi di sentirla, presero il ragazzino e li cacciarono via entrambi.
Il maggiore dei fratelli, lo zio Carlo, era del 1918 e purtroppo partì come soldato di leva prima ancora che scoppiasse la guerra. Tornò a casa soltanto alla fine della guerra su una jeep accompagnato dagli americani, dai quali si era fatto regalare coperte, vistiti ed altro per i suoi fratellini.
Mia nonna dice sempre: "Quattro sacchi pieni, che gli americani avevano dovuto aiutare a portare in casa; …
Gli americani che avevano liberato l'Italia a casa nostra e tutto il paese, che non ci aveva aiutati un granché durante la guerra anzi…, a guardare!"
Quando arrivava il postino tutta la gente correva per vedere se c'erano notizie dei loro ragazzi a militare, e la bisnonna diceva "speriamo che rimangano vivi".
Lo zio Carlo era sopravvissuto a tutti i fronti, era stato in Africa, in Albania, in Grecia e infine in Sicilia dove l'8 settembre 1943 era scappato ed era stato nascosto da un ricco possidente. La figlia di questo signore si era innamorata di mio zio che era un gran bel ragazzo ed anche fine ed intelligente. Lui sarebbe voluto tornare da lei una volta finita la guerra per sposarla ma vista la miseria della sua famiglia vi rinunciò per aiutare i suoi fratellini.
Quando scese dalla jeep tutti i vicini erano corsi a chiamare sua mamma; la mia bisnonna correva e urlava ringraziando Dio, lo zio li abbracciò tutti più come un padre che come un fratello, si lamentò dei vestiti dei fratelli che ormai erano piccoli in lunghezza ma non in larghezza, e senza scarpe.
Con una parte del suo primo stipendio andò a Milano alla fiera di "Sinigalia" per comprare dei nuovi vestiti usati per tutti i fratelli.
La nonna racconta che loro mangiavano fuori in cortile seduti sui gradini con la tazzina in mano, ma quando arrivava lui tutti scappavano in casa per mangiare a tavola altrimenti si arrabbiava tantissimo perché voleva riportare un po' di disciplina tra i fratelli che fino ad allora, durante la guerra, erano stati impegnati solo a sopravvivere giorno per giorno.
Durante la guerra la nonna è stata male ed è stata portata in ospedale per essere curata. Aveva preso "ul mal dal grop". Abbiamo capito solo che era una malattia infettiva che poteva anche farla morire. Quando fu dichiarata guarita il suo papà andò a prenderla con un calesse prestato da qualcuno e per non farle prendere freddo la avvolse nella coperta, la prese in braccio e la portò a casa. La coperta era talmente piena di pidocchi (e veniva da un ospedale!) che, nonostante la povertà, la sua mamma preferì bruciarla piuttosto che lavarla per tenerla o ricavarne dei vestiti.

La nonna Regina a 17 anni
La Resistenza
MariaPaola Colombo - classe III A - esame di licenza media - anno scolastico 2006/2007
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